Evitare di incorrere nei reati previsti dalla legge fallimentare

La legge fallimentare prevede l’obbligatorietà di ricorrere ad una delle procedure concorsuali non appena ci si rende conto della irreversibilità della crisi aziendale.
Da tale momento, l’imprenditore deve tenere un comportamento inteso a non aggravare il dissesto e a non pregiudicare gli interessi dei creditori.
Se vi è ritardo nel ricorso alla procedura e ciò ha aggravato il dissesto, l’imprenditore commette un reato di bancarotta fraudolenta.

Per evitare quindi responsabilità penali, sarà necessario:

regolarizzare gli aspetti formali compilando e aggiornando le scritture contabili obbligatorie. La eventuale mancanza o la inattendibilità delle scritture contabili è sanzionata come reato di bancarotta fraudolenta in quanto comporta la impossibilità di ricostruire i fatti aziendali ed è quindi potenzialmente causa di pregiudizio degli interessi dei creditori.

Redigere i bilanci secondo i corretti criteri del codice civile. L’imprenditore nella fase in cui l’azienda ha ancora aspettative di poter risolvere i suoi problemi, tende a redigere un bilancio che non impressioni negativamente istituti bancari, fornitori e soci.
Il comportamento più ricorrente riguarda il mantenimento nell’attivo di crediti di dubbia esigibilità, la tendenza a trascurare i fattori di rischio derivanti da cause legali in corso di esito incerto, la mancata appostare di un fondo di svalutazione delle scorte obsolete, l’omissione delle sanzioni per ritardati pagamenti e altre omissioni.
Alcune di esse sono classificabili tra i criteri discrezionali di valutazione che l’amministratore o l’imprenditore deve fare in sede di redazione del bilancio.
E’ altrettanto evidente che il confine tra un criterio discrezionale utilizzato nella redazione di un bilancio e il bilancio falso è a volte labile. Ma la successiva dichiarazione di fallimento farà emergere in una luce diversa, le anomalie di valutazione e le giustificazioni sembreranno molto meno sostenibili. Il bilancio così redatto risulta ingannevole per i creditori e l’imprenditore può incorrere in reati che vanno dal falso in bilancio al ricorso abusivo al credito.

Salvaguardare il patrimonio aziendale
L’azienda che va verso il fallimento, per molteplici ragioni, può essere una azienda vitale da punto di vista commerciale e quindi disporre di un portafoglio ordini interessante o avere una clientela qualificata, oppure può possedere marchi di fabbrica e avere know-how appetibili per la concorrenza o per chi abbia la possibilità di sfruttarli sinergicamente, sono valori che potrebbero essere vantaggiosamente realizzati nell’interesse dei creditori, cosa che non è possibile fare nella fase prefallimentare.
La cessazione dell’attività conseguente alla dichiarazione di fallimento ne provocherebbe la perdita, con danno per i creditori.
E’ però possibile, legittimamente e trasparentemente, stipulare contratti di affitto d’azienda con soggetti che manifestino l’intenzione di voler acquistare l’azienda formalizzando nel contratto di affitto stesso o a parte, una offerta di acquisto agli organi preposti alla procedura concorsuale.
Nel contratto sarà fatta chiara menzione della situazione di crisi dell’azienda e della intenzione di presentare al tribunale richiesta di fallimento in proprio.
Da parte dell’affittuario dell’azienda, sarà manifestata la disponibilità alla restituzione dell’azienda qualora gli organi preposti alla procedura concorsuale lo richiedessero.
In tal modo l’imprenditore, nell’ottica di non aggravare il dissesto, mette in condizioni il curatore di realizzare gli assets aziendali che diversamente andrebbero completamente perduti.

Evitare di incorrere nel reato di bancarotta preferenziale
ll reato di bancarotta preferenziale è rilevato nelle relazioni ex art. 33 dei curatori con una frequenza considerevole a causa del fatto che si tratta di un reato di difficile riconoscibilità da parte dell’imprenditore.
Dal momento in cui l’imprenditore ha certezza del fatto che non riuscirà a pagare tutti i creditori, deve osservare rigorosamente l’ordine dei privilegi al fine di rispettare la par condicio.
Ma, perché si ravvisi il reato di bancarotta preferenziale, così come definito all’art. 216, comma 3 della L. fall., non è sufficiente che i pagamenti ritenuti preferenziali avvengano nel contesto di uno stato di crisi ma è necessario che lo stato di crisi sia ritenuto dall’imprenditore irreversibile e che egli non intraveda altro sbocco che la dichiarazione di fallimento.
Fino a quel momento, egli è tenuto a fare quanto possibile per evitarlo.
Il confine è indubbiamente molto labile. Tuttavia, il piano di risanamento costituisce per l’imprenditore un valido strumento attraverso il quale accorgersi che la difficile opera di salvataggio dell’azienda sta naufragando e che l’azienda non potrà essere salvata.
In tal caso, il suo comportamento si dovrà immediatamente conformare al dettato legislativo ed effettuare eventuali pagamenti, se necessario, nella stretta osservanza della graduatoria dei privilegi dettata dal codice civile.

Evitare il fallimento

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